Contrordine, fate dire le bugie ai vostri figli: aiuta a crescere.
E’ sinonimo di crescita cognitiva. E soprattutto punirli non serve a nulla
Non mettete in castigo i bambini che dicono le bugie, potrebbe essere controproducente. Nuove ricerche dimostrano che non solo punire non serve a nulla: secondo un’esperta dell’Università di Lancaster, la crescita cognitiva passa anche attraverso le bugie. L’«età della bugia» è una tappa importante dell’evoluzione. Punire i bambini per fargli smettere di mentire non è efficace: lo rivela uno studio canadese, pubblicato sul Journal of Experimental Child Psychology e condotto su bambini dai 4 agli 8 anni.
Lasciati soli in una stanza (con telecamera nascosta), ai bimbi veniva chiesto di non sbirciare un giocattolo che emetteva suoni dietro un tavolo: oltre i due terzi di loro lo ha guardato; e oltre i due terzi di chi ha guardato, ha mentito (se non incoraggiato a dire la verità). La tendenza a sbirciare diminuisce crescendo; quella a dire bugie aumenta di mese in mese dai due/tre anni in poi, così come migliora la capacità di raccontarle.
I ricercatori hanno anche cercato di capire la motivazione dei bambini a dire la verità. Le istruzioni verbali date loro , allo scopo di non farli mentire, variavano dal «bisogna dire la verità» al «se lo guardi, sei nei guai», ma erano incitamenti sostanzialmente di due tipi: basate su una motivazione esterna, che fa leva sull’approvazione sociale (tipo «la maestra sarà felice se le dici verità») o basate su una motivazione interna (la verità è la cosa giusta, quindi tu sarai più felice se la dici). Lo studio ha dimostrato che, a tutte le età, la minaccia di punizione non era un deterrente efficace. Per i bambini più piccoli, la motivazione principale è quella di compiacere gli adulti, mentre crescendo aumenta l’interiorizzazione del valore. «La morale della favola è che la punizione non promuove il racconto della verità – conclude Victoria Talwar, una delle autrici – anzi, la minaccia di punizione può avere l’effetto contrario, riducendo la probabilità che i bambini dicano la verità quando incoraggiati a farlo.
I bambini iniziano a mentire dall’età di due anni, con rischi e vantaggi del caso. Le bugie nella crescita hanno una valenza differente rispetto all’età adulta. Non solo: quando i bambini imparano a dire bugie, ciò è significativo di un’importante tappa dell’età evolutiva. Il primo tipo di bugie che imparano sono la negazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. Dall’età dei tre anni, apprendono anche a dire le cosiddette «bugie a fin di bene», cioè quelle da cui traggono un vantaggio le altre persone (per esempio, dire alla mamma che non ho portato a casa il disegno, per poi farle una sorpresa mostrandoglielo). Queste bugie rappresentano un’importante abilità sociale che i bambini iniziano a sviluppare, e «saperle raccontare bene è importante»: a sostenerlo con forza è Lara Warmelink, psicologa dell’Università di Lancaster, che commenta i risultati della ricerca canadese mettendo in evidenza come imparare a mentire faccia parte della normale e corretta crescita di un bambino.
Secondo l’esperta, i bambini piccoli mentono mentre maturano a livello cognitivo e sociale; per mentire hanno bisogno di comprendere che le altre persone hanno credenze ed esigenze diverse dalle proprie: è quando i bimbi iniziano a capire cosa sentono e pensano gli altri, che possono imparare a dire le bugie. La psicologa afferma che, se da una parte il persistere delle bugie non è buon segno di sviluppo cognitivo e sociale, e i bambini che mentono spesso sono più aggressivi e distruttivi, dall’altra parte non imparare «quando è appropriato mentire e come mentire in maniera convincente» può porre problemi ai bambini quando diventano più grandi.
Alcuni bambini utilizzano la bugia come fosse una bacchetta magica con cui cerca di far scomparire una cosa spiacevole; negando di aver commesso un errore, il bambino è come se negasse di esser stato goffo e incapace e quindi mette in atto un meccanismo riparatore per conservare la stima in se stesso. Inoltre un bambino dicendo ‘no’ scopre di avere una propria identità, una mente propria, scopre, avendo un segreto, di avere qualcosa di esclusivamente suo e giunge così alla percezione di sé come un individuo a tutto tondo (Laniado, 2001).
Bibliografia
Ekman, P. (2009) Le bugie dei ragazzi. Ed. Giunti
Laniado N., Pietra G. (2001) Le bugie dei bambini. Ed. Red
Dott.ssa Carmen Guarino, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale