Da dove nasce?
Vi è un intreccio di fattori che sono alla base della violenza tra partner. Tra questi, quelli biologici che sono tra i più ignorati, come se la cultura agisse nel vuoto e non su una base biologica che ci proviene dalla nostra evoluzione filogenetica. La resistenza a prendere atto dei fattori biologici è per lo più fondata sul timore di legittimare in questo modo la violenza. In realtà, il riconoscimento della nostra eredità filogenetica arcaica, che ancora agisce in noi, non porta a scusare la violenza, ma al contrario a smascherarne la primitività e il valore ormai completamente disadattivo in quanto non produce benessere né per i singoli né per la società. La violenza sulle donne, insomma, non è il destino ineluttabile della specie umana, ma è al contrario un comportamento disumano. Nasce all’interno di una relazione sentimentale asimmetrica, sbilanciata e patogena, in cui coppie in collusione alimentano un rapporto di dominanza-sottomissione. Quando la donna si ribella, quando vuole riappropriarsi della sua individualità ecco che l’unico modo di esercitare nuovamente il controllo ed il potere è la forza , l’imposizione e la violenza.
Quanto conta l’imprinting culturale?
La cultura occidentale continua a giustifica più o meno apertamente la supremazia maschile sulla donna, anche se lo fa in misura ridotta e meno palese che in passato, contemplando allo stesso tempo sul piano teorico, l’importanza degli affetti e di rapporti paritari.
Qual è l’identikit della persona che agisce la violenza?
La violenza cova nelle personalità egocentriche, narcisistiche, insicure, irrisolte, impulsive, aggressive. La costruzione e l’evoluzione di queste personalità parte sempre da molto lontano, dall’infanzia, dalla relazione con le figure di attaccamento.
Come riconoscere partner pericolosi?
I partner che minacciano, che limitano la libertà che tentano l’ isolamento, che manipolano, che fanno sentire l’altro inadeguato, che ricattano, che impongono rinunce, che istillano il senso di colpa sono persone pericolose.
Cosa c’entra l’Amore?
Amore e sofferenza, amore e mal d’amore sono troppo spesso considerati binomi inscindibili. Un rapporto di coppia comporta per sua natura rinunce e compromessi, ma quando vengono messe in discussione laserenità e la dignità si sta vivendo qualcosa che con il vero amore non ha più niente a che fare. Si è vittime di personalità patologiche, di stili affettivi disfunzionali, di modi intrinsecamente sbagliati di interpretare una relazione sentimentale. Il vero amore è fatto di equilibrio, reciprocità, rispetto dell’altro.
Come prevenire?
Occorre divulgare fortemente l’educazione sentimentale, saper far individuare a tutti i segnali di una relazione pericolosa, non sana, a rischio di violenza. Se l’obiettivo più importante rimane cambiare la cultura della violenza all’interno della società, in modo da operare sulle radici del fenomeno e interrompere la sua “trasmissione” alle nuove generazioni, è altrettanto fondamentale aiutare gli uomini violenti, maltrattanti, abusanti. I centri che offrono supporto agli uomini violenti, a chi li “subisce” e a chi è preoccupato per loro, non sono ancora molto numerosi in Italia ma si stanno gradualmente diffondendo. Sono quei posti dove si affacciano gli uomini che hanno raggiunto la consapevolezza di fare del male. Sono luoghi dove gli uomini si lasciano aiutare, centri dove trovano ascolto e attraverso percorsi riabilitativi seguiti da esperti psicologi e psicoterapeuti, ricevono gli strumenti per cambiare. Perché cambiare si può, il primo passo è la conquista della consapevolezza del problema.
Qual è la disciplina giuridica in merito?
La parola femminicidio comprende “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in una nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico , fino alla schiavitù o alla morte.” Non a caso si parla di violenza di genere proprio per evidenziare la dimensione “sessuata “ del fenomeno all’interno di uno scenario ormai anacronistico e disumano in cui l’uomo comanda e la donna obbedisce.
E’ dunque agevole carpire come il concetto di violenza racchiuda al suo interno eterogenei fatti di reato. Non solo violenza nell’omicidio,nelle percosse, nei maltrattamenti, nella mutilazione dei genitali, ma anche violenza nella minaccia, nel mobbing, nello stalking, violenza sessuale indipendentemente dalla congiunzione carnale. E’ violenza ogni atto che abusi della capacità di autodeterminazione dell’individuo. E’ sintomatico sottolineare come la giurisprudenza di legittimità con la sentenza n. 19674/2014 abbia delineato i confini del reato di maltrattamenti familiari ponendo l’accento proprio sulla condotte idonee a concretizzare tale fattispecie. Non solo violenze fisiche ma anche e soprattutto violenze psicologiche, quali sopraffazioni sistematiche e abituali idonee a ledere la personalità della vittima. Dunque, abitualità della condotta lesiva ossia ripetizione di atti vessatori anche se intervallati da periodi di normalità.
Nei meandri dell’ordinamento italiano non esiste una legislazione unitaria sulla violenza psicologica, ma diversi articoli del codice penale che puniscono questi abusi( art 572, art 582,art 612 , 612 bis).
A codificare per la prima volta il concetto di violenza morale quale violenza non visibile ma più che percettibile, è stata la legge n. 154/2001 in tema di ordine di protezione contro i maltrattamenti in famiglia, che ha predisposto l’allontanamento del coniuge violento come maggiore strumento di tutela per la donna. Con il decreto legge 14 agosto 2013 n 93 , convertito con modifiche dalla legge 15 ottobre 2013 n 119, sulla base delle indicazioni provenienti dalla Convenzione del Consiglio d’Europa fatta ad Instanbul l’11 maggio 2011,il decreto rende più incisivi gli strumenti della repressione penale. Maggiore tutela ed inasprimento delle pene.
Qualora in tema di maltrattamenti in famiglia, questi vengano commessi in presenza di un minore di anni 18. Qualora in tema di violenza sessuale, questa venga commessa a danno di una donna in gravidanza. Sono estese le ipotesi di arresto in flagranza nei delitti di maltrattamenti contri i famigliari.
In presenza di gravi indizi di colpevolezza di violenza il Pubblico Ministero può chiedere al Giudice un provvedimento inibitorio urgente, vietando all’indiziato la presenza nella casa familiare. Una novità dirimente riguarda anche l’irrevocabilità della querela per il delitto di atti persecutori nei casi di gravi minacce ripetute. Inoltre, al fine di dare massima attuazione alla Convenzione di Instanbul, i reati di maltrattamenti ai danni dei familiari e di stalking vengono inseriti tra i delitti per i quali la vittima è ammessa al gratuito patrocinio indipendentemente dal reddito .
Cosa fare se si è vittima di violenza?
Per avere una tutela piena ed effettiva non si può non prescindere dalla querela presentata dalla persona offesa presso l’ufficio di polizia, trattandosi di reati non perseguibili d’ufficio(tranne eccezioni come ad esempio il reato di maltrattamenti in famiglia).
Un ruolo importante hanno anche i numerosi centri antiviolenza che costituiscono una vera e propria rete di sostegno.
In una fase successiva è possibile ricorrere all’Autorità giudiziaria per il risarcimento dei danni di natura patrimoniale e non. Per quanto concerne i primi la vittima può agire in giudizio per il risarcimento dei danni che abbiano avuto un’incidenza negativa nella sua sfera economica .I secondi, quasi sempre più penetranti e invasivi, si atteggiano in danno biologico, ossia la lesione dell’integrità psicofisica (cfr. artt 138-139 D. Lgs. 209/2005); danno morale ossia la sofferenza “meramente”(si fa per dire) emotiva ed interiore transeunte patita dalla vittima nonché il danno esistenziale inteso come “pregiudizio provocato sul fare areddituale del soggetto che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno (Cass. S.U. 24-3-2006, n. 6572). Siamo dunque, di fronte ad un sistema risarcitorio di tipo bipolare che contempla le due categorie del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale che a sua volte si estrinseca rizomaticamente, in un rapporto di genus a species, nella tipologie predette come conseguenza della depatrimonializzazione del diritto civile. Il ricorso al diritto così rompe il silenzio , si apre al potenziale dissidio, ristabilisce l’ordine etico prima ancora che giuridico.
Bibliografia: Walter Riso (2009). “Amori Altamente pericolosi”, Mondadori – Strade Blu.
Carmen Guarino Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Carmen Cieri Avvocato Foro Avellino