The best interest of the child.
I genitori hanno un ruolo importante nella cura, nella formazione e nello sviluppo della persona del minore. Illuminante al riguardo è un recente orientamento dottrinale che ha ipotizzato la configurabilità in capo al figlio minore di un diritto all’amore nell’ambiente familiare, consacrando sul palco del diritto un ruolo ufficiale ai sentimenti quali valori sociali che divengono giuridicamente rilevanti, prima collocati dietro le quinte, ma comunque timidamente presenti nel copione giuridico quale ratio sottesa alla norma. Tale diritto si atteggia quale diritto soggettivo del figlio. A cosa?
Ad essere amato .Sic et simpliciter. “Un diritto a ricevere quella carica affettiva di cui l’essere umano non può fare a meno nel tempo della sua formazione”(Bianca, La famiglia, estratto per i corsi universitari dalla 4 ed. del Diritto civile, II, Milano, 2005, 314, 315).
Ci appare all’orizzonte un diritto premuroso , non delineato nei contorni ma carico nei contenuti . Quasi ne mettiamo in dubbio l’esistenza perchè troppo svincolata dalle pretese materiali alle quali siamo roboticamente abituati . Eppure la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite riconosce il bisogno del minore “di amore e comprensione” e precisa che il “fanciullo deve crescere in un’atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale.” Il concetto d’amore viene declinato in “assistenza morale” , concetto più giuridico , meno fuorviante e meno soggetto a pericolose manipolazioni e iniezioni creative. Un concetto che non trascende il mondo del diritto ma scende al suo interno fino a collocarsi in un’orbita prima inesplorata.
E’ dirimente sottolineare come i genitori abbiano acquisito una funzione servente allo sviluppo psicofisico del minore scheggiando la primordiale posizione di subordinazione della prole in relazione a coloro che detenevano la potesta’. A tale ratio si ispira il decreto legislativo n. 154/2013 che ha modificato l’art 316 c.c. sostituendo alla potesta’ genitoriale il concetto di responsabilità genitoriale in cui l’ascolto costituisce un modo in cui si realizza l’assistenza morale del figlio( diritto già sancito dall’art 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e dalla Convenzione di Strasburgo). Ascolto e non mera audizione , termine non a caso modificato dalla normativa vigente perchè non confacente alla norma in quanto ne tradiva lo spirito perchè echeggiava l’attività di audizione di un informatore o di un testimone. Un bambino non è un informatore o un teste funzionale ad un processo. Né è un arbitro in una partita padre-madre. Né la sua fisionomia può essere tradita dalla pesante carica emotiva perchè genitore di un adulto non cresciuto. Nè è una bambola , né tantomeno una lolita!
Lui è.
Ed è anche( e soprattutto) se diverso. In tal caso il diritto al sostegno (diritto alla salute, studio, all’educazione ecc) in tutta la sua accezione inclusiva non può essere negato né per la carenza di risorse affettive né tantomeno economiche. (cfr Consiglio di Stato, sez VI, n 3393/2017). L’uguaglianza sostanziale si realizza attraverso il riconoscimento delle disuguaglianze in uno spazio dove trova cittadinanza l’idem sentire etico.
Dunque, responsabilità genitoriale. Una sostituzione letterale che ha determinato uno spostamento di prospettiva. Il rapporto non viene più visto ex parte patre et matre ma ex parte filio. A conferma di ciò è intervenuto anche il contenuto innovativo dell’ art 315 bis c.c. relativo ai diritti e doveri del figlio non solo in relazione ai genitori come la formulazione precedente ma anche in relazione al proprio centro di interessi e dunque diritto all’educazione, all’istruzione, al mantenimento, il diritto di crescere in famiglia, il diritto ad essere ascoltati in tutte le questioni e procedure che lo riguardano , il diritto ad essere assistito moralmente. Il diritto a mantenere rapporti significativi con i parenti, dando rilevanza anche ai rapporti collaterali nonni-nipoti e non solo ai rapporti primari genitori-figli.
Il diritto di essere amato ossia di ricevere una cura amorevole – all’interno di una famiglia non più patriarcale ma nucleare – è riconosciuto anche dall’art 6 della legge sull’adozione la quale non a caso esige “l’idoneità affettiva” di coloro che risulteranno essere genitori adottivi. Anche se il paradigma genitoriale viene centellinato, esaltando la logica del frammento sempre più confacente al mondo che ci ospita,si parla semplicemente di genitori. Siano essi naturali, adottivi, biologici, genetici o sociali e indipendentemente dai loro orientamenti sessuali. Il minore non può essere discriminato sulla base delle modalità con cui è stato procreato né tantomeno corrisponde al suo interesse quello di essere sottratto al genitore e dunque privato della sua amorevole cura, perché single o omosessuale. Genitore che lo ha voluto e con cui gode di una convivenza stabile e di una relazione affettiva vissuta e durevole. Vige sovrano il principio del best interest of the child.
E si parla di minore e più precisamente si parla di figli. Non importa la natura dello status filiationiis in quanto “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico” (art 315c.c.). L’assenza di specificazione è quanto mai funzionale al nuovo assetto giuridico che ha deciso di sostituire le parole “figli legittimi” e “figli naturali” con “figli”. L’assenza diviene presenza.
La presenza dell’eccezione si fa ossimoricamente continua di fronte al disordine sociale. Il disordine diviene creatore di nuove antropologie e il diritto le riconosce quale processo di costituzionalizzazione della persona dove la dignità umana è elevata a ineludibile denominatore comune. Caos ed efferescenza di dati fattuali e normativi contraddittori propongono o meglio impongono un’interpretazione della norma non nella sua nudità linguistica come un’entità errante, vagabonda, vuota e pesante nel suo tecnicismo ma una norma carica di dati valoriali e pensante che si ponga in evolutiva dialettica con i fatti storici, traghettandoci verso un sostanzialismo etico idealistico e ad un diritto mite.
Il diritto quale momento unico di un movimento perenne.
Carmen Cieri
Avvocato foro di Avellino